
Ieri ho deciso di partecipare a un Hackathon: l’ho fatto spinto dalla curiosità.
Avevo visto l’evento organizzato da 12Venture su LinkedIn e, pur non sapendo esattamente di cosa si trattasse, ho pensato che potesse essere un’interessante esperienza di apprendimento. Sono abituata a progettare percorsi di apprendimento strutturati, ma questa volta si trattava di mettermi in gioco in prima persona, con strumenti e metodologie che conoscevo solo in teoria. Sapevo cos’era il design thinking, nella teoria, ma non l’avevo mai applicato in un contesto reale!
Cos’è il Design Thinking?
Per chi non lo conoscesse, il design thinking è un approccio alla risoluzione dei problemi che mette al centro le persone e si basa su creatività, collaborazione e iterazione continua. Il processo si sviluppa in cinque fasi principali:
- Empatizzare – comprendere a fondo le esigenze degli utenti finali;
- Definire – identificare chiaramente il problema da risolvere;
- Ideare – generare quante più soluzioni possibili;
- Prototipare – trasformare le idee in modelli tangibili;
- Testare – raccogliere feedback e migliorare la soluzione.
Questa metodologia è molto diffusa nel mondo delle start-up, dell’innovazione e dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi e per me rappresentava un terreno inesplorato. Inoltre per questioni di tempo abbiamo affrontato solo i primi tre punti!
La sfida: imparare facendo
Fin dai primi momenti dell’Hackathon, mi sono resa conto che sarebbe stata un’esperienza fuori dalla mia zona di comfort. Ero una dei partecipanti meno giovani (eufemismo per non dire più vecchi!) e mi trovavo a lavorare con persone che non avevo mai incontrato prima: sviluppatori, recruiter, esperti di risorse umane e startupper con una mentalità molto diversa dalla mia. Dovevo imparare velocemente a comunicare in un linguaggio nuovo e ad adottare un approccio più agile e sperimentale rispetto a quello a cui ero abituata.
Il ritmo era serrato: poche ore per identificare un problema, sviluppare un’idea e presentare un pitch funzionante. Ogni fase del processo era un’opportunità di apprendimento, ma anche di messa in discussione delle mie certezze. Non c’era tempo per analisi approfondite o percorsi formativi tradizionali: si imparava facendo, sbagliando e correggendo in tempo reale… lanciando idee che dopo pochissimo ti sembravano assurde!
Il valore della condivisione
La parte più arricchente dell’esperienza è stata il confronto con il team. Lavorare con professionisti con competenze molto diverse dalle mie mi ha fatto capire quanto sia preziosa la diversità di pensiero. Idee che inizialmente sembravano poco praticabili si trasformavano in soluzioni innovative grazie al contributo di ciascuno. La collaborazione ha creato un ambiente di apprendimento reciproco, in cui anche chi non aveva esperienza diretta con il design thinking poteva dare un valore aggiunto grazie alla propria prospettiva unica.
Cosa mi porto a casa?
L’Hackathon è stato un’esperienza stimolante e impegnativa (sono uscita stanchissima, soprattutto mentalmente), ma soprattutto un’opportunità per crescere professionalmente e personalmente. Ho imparato come uscire dalla propria zona di comfort sia il modo migliore per sviluppare nuove competenze e che il valore di un team non risiede solo nelle competenze tecniche, ma nella capacità di collaborare e mettere in discussione le proprie idee.
Se c’è una lezione che mi porto a casa, è che la curiosità e l’apertura al cambiamento sono strumenti potenti, indipendentemente dall’esperienza o dall’età. E, soprattutto, che ogni tanto vale la pena lanciarsi in qualcosa di nuovo senza sapere esattamente dove porterà.
Applicazioni nella formazione degli adulti
Questa esperienza mi ha fatto riflettere anche sulle potenzialità di metodologie come il design thinking nella formazione degli adulti. In particolare, potrebbe essere uno strumento efficace per facilitare il confronto intergenerazionale nei contesti aziendali e professionali. Creare percorsi formativi basati su sfide concrete, che coinvolgano persone di età e background diversi, permetterebbe di valorizzare la diversità delle competenze e delle prospettive, favorendo un apprendimento più dinamico e partecipativo. Il confronto tra generazioni può generare idee innovative e migliorare la collaborazione nei team, portando beneficio sia ai singoli partecipanti sia all’intera organizzazione.
Ma non preoccupatevi…ne parleremo ancora!
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