
Chi mi legge dovrebbe aver percepito che scrivo solo quando sento molto un tema. Ed io, questo tema, lo sento davvero tanto!
Sarà forse perchè il mio primo intervento in pubblico, nel lontano 1998, fu proprio sui diritti umani, ma li considero una sorta di punto di congiunzione tra la mia vita passata e quella presente. In realtà, declinati da ciascuno nel proprio ambito, dovrebbero essere una sorta di base etica su cui basare le nostre attività ed il nostro agire; a prescindere dal contesto in cui operiamo! Oggi, soprattutto nel mondo aziendale, dove, fio a qualche anno fa, non erano considerati parte del business.
Oggi, invece, la crescente attenzione verso i Diritti Umani ha trasformato radicalmente il panorama della responsabilità sociale d’impresa, imponendo nuovi standard a livello europeo (ne avevo già parlato nell’articolo precedente: Come integrare i Diritti Umani in Azienda e l’Agenda 2030). Le imprese non sono più valutate esclusivamente per i loro risultati economici, ma anche per il loro impegno verso la sostenibilità sociale e il rispetto dei diritti fondamentali lungo le proprie filiere. Questa evoluzione normativa, che si inscrive nel contesto della strategia dell’Unione Europea per i Diritti Umani, mira a prevenire violazioni come il lavoro forzato, la discriminazione e lo sfruttamento minorile nelle catene di approvvigionamento globali.
L’Unione Europea ha fatto passi da gigante in questo ambito, introducendo normative sempre più stringenti che richiedono alle imprese di monitorare le loro filiere in modo attivo e responsabile.
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), entrata in vigore nel luglio del 2024, richiede alle imprese di svolgere attività atte a prevenire, mitigare o ridurre al minimo gli impatti sui diritti umani e sull’ambiente che potrebbero generarsi nelle attività che svolgono e nelle catene del valore a cui partecipano. Inoltre, le aziende dovranno attuare piani di transizione per ridurre le proprie emissioni climalteranti, affinché il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con il contenimento del riscaldamento globale entro i 1,5 °C, in linea con quanto già previsto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
In alcuni paesi europei, normative locali sono già state implementate. Ad esempio, la Germania ha introdotto il Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz (o LkSG), ovvero la Legge sulla Due Diligence delle Filiere, entrata in vigore il 1 gennaio 2023, che impone alle imprese tedesche con più di 3.000 dipendenti (dal 2024 anche per quelle con più di 1000) di garantire il rispetto dei Diritti Umani non solo nei propri processi produttivi, ma anche nelle filiere di approvvigionamento. Anche la Francia, con la sua Legge sul Dovere di Vigilanza (addirittura del 2017), ha anticipato questa tendenza richiedendo alle grandi aziende di prevenire violazioni dei Diritti Umani, ambientali e sanitarie nelle loro filiere globali. Altri paesi, come la Norvegia e i Paesi Bassi, hanno adottato leggi simili, sottolineando l’importanza della trasparenza e della responsabilità.
Ma come possono procedere le aziende al controllo della filiera? E con quali strumenti?
Per le aziende, attuare un efficace controllo della filiera significa, prima di tutto, adottare un cambio di cultura aziendale (senza si rischia di cadere nella famigerata compliance), finalizzato alla creazione di un approccio serio e sistemico.
I passi da farsi potrebbero essere riassunti in:
- Mappatura della filiera: Il primo passo è comprendere in modo dettagliato l’intera catena di approvvigionamento. Questo richiede una mappatura completa ed accurata, in cui ogni fornitore diretto e indiretto viene identificato e monitorato da vari punti di vista. Solo una visione chiara della filiera permette di individuare i rischi legati ai Diritti Umani.
- Valutazione del rischio: Una volta mappata la filiera, le imprese devono condurre una valutazione del rischio per identificare i settori di criticità in cui potrebbero verificarsi violazioni.
- Monitoraggio e audit regolari: Uno strumento fondamentale è l’ispezione formale e strutturata dei fornitori e delle pratiche adottate lungo la filiera. Gli audit possono essere svolti internamente o affidati a enti terzi indipendenti, che garantiscono maggiore imparzialità e precisione nel rilevare potenziali violazioni.
- Coinvolgimento e formazione dei fornitori: Per garantire il rispetto dei Diritti Umani, le aziende devono instaurare un dialogo costante con i loro fornitori, offrendo loro la formazione necessaria per allinearsi agli standard richiesti.
- Tecnologie di tracciabilità: Le tecnologie innovative offrono soluzioni concrete per il controllo della filiera. Ogni fase del processo di approvvigionamento può essere registrata in modo trasparente e immutabile, garantendo la tracciabilità di ogni prodotto o materia prima e permettendo di verificare che nessuna violazione dei Diritti Umani sia avvenuta.
- Adozione di standard internazionali: Un altro passo cruciale è l’adozione di standard riconosciuti a livello internazionale, come quelli stabiliti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) o dalle Linee Guida dell’OCSE per le imprese multinazionali. Queste organizzazioni offrono alle aziende un quadro di riferimento consolidato e riconosciuto a livello globale per garantire che le imprese agiscano in conformità con i principi fondamentali dei Diritti Umani.
Certamente, quanto indicato fino ad ora, sottolinea come il controllo della filiera non sia da riferire solo ad una questione di compliance normativa, ma anche di reputazione aziendale e sostenibilità a lungo termine (la favosa “cultura aziendale” sottolineata anche dalla giurisprudenza). Le imprese che si impegnano a garantire il rispetto dei Diritti Umani lungo le loro filiere ottengono vantaggi competitivi significativi, migliorano la loro immagine pubblica e riducono il rischio di scandali legati a violazioni.
Personalmente credo fortemente che il rispetto dei Diritti Umani in azienda e lungo le filiere! Non è più considerabile come una mera opzione, ma è divenuta una necessità, imposta dalla normativa europea e dalle aspettative crescenti della società civile. Le aziende che adottano un approccio proattivo e trasparente nel controllo delle loro filiere non solo contribuiscono a un mondo più equo, ma costruiscono anche fondamenta solide per il loro futuro economico e sociale.
Sono, sempre, disponibile a supportare che voglia approfondire l’argomento!
Lascia un commento