In questi giorni mi è capitato tra le mani un post di LinkedIn sul potere educativo delle fiabe.

Io amo scrivere, ma c’è stato un racconto molto speciale che anni fa ho scritto e che, ancor oggi, mi emoziona ogni qualvolta lo leggo. Si tratta di una breve fiaba, molto semplice e istintiva, che mi era stata chiesta quando, ancora workaholic e poco incline a rallentare, sentivo un malessere fisico e mentale a cui non riuscivo a dare un nome.

Avrei scoperto con il tempo che i mali che lo ampliavano erano molteplici (dalla mancanza di riconoscimento alla poca potenzialità creativa, passando per la mia innata timidezza malcelata dietro ad un piglio decisionale e congiunta alla necessità spasmodica di controllo), ma che era fondamentale che iniziassi a raccontare, prima di tutto a me stessa, cosa mi condizionava.

Quindi mi chiesero, essendo la scrittura il mio mezzo preferito di comunicazione, di esternare con carta e penna, di getto, cosa mi passava per la testa, senza fermarmi a riflettere troppo e cercando si buttar fuori cosa mi faceva star male.

Ne nacque questa favoletta!

C’era una volta una lumachina che viveva in un prato grandissimo dove la vegetazione era alta e la sovrastava. L’erba era così alta che gli spazi di cielo che vedeva sembravano solo piccole pennellate blu e la luce del sole filtrava a malapena tra il verde infinito. Ma la lumachina ricordava che, tanto tempo prima, aveva potuto salire su una grande roccia che si trovava al limite del prato e da lì vedere l’azzurro del cielo, il blu dello stagno ed il verde intenso del bosco. Solo che, una volta scesa, non era mai più riuscita a trovare la direzione giusta per ritornarci e continuava a vagare per il prato nella sua folle ricerca di quel mondo tanto diverso.

La lumachina -come me- talvolta si scoraggiava e diceva “cosa sto cercando? Il prato mi dà tutto ciò che mi serve e qui, tra l’erba alta, non ci sono grandi pericoli” ma poi ripensava ai colori che aveva visto, a come si era sentita, e ricominciava la sua ricerca. Ormai era talmente stanca di quel girovagare continuo, senza risultato, che si chiedeva se era stato solo un sogno, ma poi ripensava al sole che lassù l’aveva scaldata, al tepore sulla roccia ed il pensiero di quel calore e di quei colori la rendeva felice. Non poteva rinunciarci.

Dopo un tempo che le parve infinito ritrovò finalmente la sua roccia, si arrampicò e di lì vide lo stagno, il bosco, il prato. Capì che non era un sogno, ma la realtà e che doveva cercare dei riferimenti per raggiungerli ed esplorarli. Così cercò di trovare dei punti di riferimento sulla sua strada e iniziò a definire le sue priorità: prima voleva vedere lo stagno e toccarne l’acqua, poi arrivare al bosco ed arrampicarsi sulla grande quercia che lo delimitava, poi, una volta scesa, tornare nel prato e continuare serena la sua vita. Sapeva che doveva almeno provarci e vedere da vicino tutti quei posti o si sarebbe pentita sempre e solo una lumachina come tutte le altre. Non a tutti era permesso vedere oltre il prato e lei, che lo aveva potuto fare, doveva assolutamente sfruttare al meglio quell’occasione.

Riuscì a toccare l’acqua dello stagno, ad attraversare il bosco e ad arrampicarsi sulla grande quercia, strisciando sulla corteccia nodosa per giorni e giorni. Fu una salita impervia, faticosa ed estenuante. Ma quando arrivò sul ramo più alto vide il bosco verde intenso dietro di se ed il grande prato verde tutto intorno. Da lassù vedeva che c’era un intero mondo da esplorare.. nuovi massi, nuovi alberi e stagni ancora più grandi. Così si prese il tempo di notare ogni dettaglio, si scaldò al sole tiepido della primavera e poi si lasciò cadere giù, rimbalzando fra le fronde, fino ad arrivare a terra. Doveva cominciare un nuovo viaggio e le sembrava di vedere chiaramente che una nuova strada le si aprisse davanti.

Insomma, ero ad un bivio epocale della mia vita e procedevo inconsciamente, percependo un malessere generale, ma non vedendone la causa. Sapevo che c’era qualcosa che non volevo più (quella sensazione negativa) e che se mi impegnavo mi aspettava una nuova fase della mia vita.

Ero cosciente che dovevo a me stessa l’occasione di trovare una nuova prospettiva, che mi desse nuova passione. Senza esserne del tutto consapevole avevo proiettato sulla chiocciolina la mia voglia di trasformazione e libertà.

Ora il viaggio è iniziato e, per me che patisco il cambiamento, questa salita è stata davvero faticosa, ma sono felice di averla iniziata e certamente non me ne sono mai pentita. Sono fiera di me, di averci provato, di aver rischiato… con raziocinio!

Ho paura? Sì, quasi tutti i giorni.

Mi deprimo? Un giorno sì e l’altro pure!

Ci sono riuscita? Ancora devo scriverlo il mio finale! Ma sono a buon punto e credo di poter solo guadagnare da questa nuova avventura che ogni giorno mi insegna qualcosa.

Non chiedetemi perchè ho deciso di pubblicare questo articolo… ci sono momenti in cui sai di dover fare qualcosa perchè è giusto, ma non ne afferri la vera ragione!

I make the stars align, every time I won,

don’t be so damn surprised,

every time I come first…

Winner – Walgrove